I social media e il cyberbullismo
L’ingegner Brambilla ha qualcosa da dire a proposito di social media, cyberbullismo e rapporti umani tra adolescenti ed ex adolescenti.
E` una notizia di inizio Marzo, ma forse è ancora “fresca” per il pubblico italiano: la città di Chicago ha vietato l’uso di una app ai minorenni. La app in questione si chiama Yik Yak e permette di condividere messaggi anonimamente con i 500 utenti nelle vicinanze, conoscenti o sconosciuti che siano.
Penso che molti di voi abbiano già capito dove si va a parare: adolescenti + messaggi + anonimato = disastro. Le motivazioni dietro al divieto sono state molto semplici: casi di evacuazione di scuole a causa di falsi allarmi bomba, accuse anonime di stupro… devo continuare?
Questa notizia mi ha fatto riflettere su tanti punti e ho voluto condividerla perché la ritengo molto rilevante per l’educazione dei nostri marmocchi.
Parlare di bullismo e cyberbullismo oggi va sempre più di moda, soprattutto in USA e Australia ma penso anche in Italia. Spesso mi chiedo quanto sia reale l’emergenza e quanto sia “emergenza” creata dalla stampa o dal fatto che una volta fare la conta degli atti di bullismo era difficile mentre oggi, con i mezzi informatici, è più facile tracciarne il fenomeno. Inoltre i nuovi mezzi rendono più semplice ed efficiente anche perpetrare il bullismo.
Stiamo scoprendo pian piano che i social media possono facilmente diventare anti-social media; sono semplici “media” che senza un “social” da trasmettere rimangono inutili strumenti.
Facebook ci ha resi più sociali e socievoli? Oppure ci siamo ridotti a trovarci al bar con amici e fisicamente ignorarli mentre virtualmente socializziamo con altri amici distanti?
Mentre pensavo a queste cose sono stato travolto da un’immagine terribile: che differenza passa tra un adolescente che su Facebook o su Yik Yak, molesta un/a amico/a e un pilota di droni che causa un “danno collaterale” in una terra lontana durante una guerra?
Dicono che sia facile uccidere con il computer perché più fisicamente lontano sei dal bersaglio più lo sei anche emotivamente. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore!
Dare dello stronzo in faccia ad un amico è una cosa, postare offese sulla pagina di un’amica è un’altra; accusare anonimamente di essere stato stuprato dal professore è ancora più diversa.
Forse il positivismo con cui accogliamo le nuove tecnologie è troppo ottimistico? Ma anche essere un retrogrado anti-tecnologico non è bene: non si può sfasciare il PC per poi poco dopo osannarlo, giusto?
Per adesso ho concluso che ho troppe domande e troppi pochi dati a disposizione (sono un ingegnere Vulcaniano, ma se mi chiamate filosofo non mi offendo) e ancor meno risposte da dare.
Una cosa però l’ho capita: l’umanità si riempie di continuo di strumenti e poi li etichetta come buoni o cattivi, li impone per legge o li vieta, ma alla fine li usa per comunicare. Non penso esisterà mai, spero, un telefono in cui parli di amore nella cornetta e in un altro senti parlare di odio, quindi tutti questi strumenti servono a trasmettere quello che siamo. Anche quelli che non sono esattamente “social”.
Vogliamo usare il coltello da cucina per accoltellare il coniuge o preparargli un manicaretto? Vogliamo usare il nucleare per bombardare o produrre energia? Vogliamo usare Facebook per amicizia o per infliggere dolore? Gli strumenti servono per la nostra interazione.
Alla fine è facile dire che:
- gli adolescenti brufolosi sono dei disgraziati;
- non devono usare apparecchi anonimi, anche se poi sanciamo il diritto alla riservatezza nella carta dei diritti universali;
- i giovani d’oggi sono il peggio, si drogano, sono sessualmente depravati e tutte le altre solite cose che i vecchi dicono sui giovani.
La verità è che invecchiando piace fare di tutte l’erba un fascio, soprattutto quando si parla di “cose dei giovani” che si stenta a capire.
Noi “giovani genitori” siamo anche dei “vecchi giovani” che smettono di pubblicare le foto delle feste sulla bacheca di Facebook e cominciano a pubblicare quelle dei loro pargoli, che prendono le distanze dai giovani del momento e che etichettano con arroganza come i debosciati del 21esimo secolo. Tuttavia quei giovani sono il prodotto della società che noi e i nostri genitori prima di noi abbiamo creato.
Certi atteggiamenti astiosi verso i giovani mi fanno pensare allo chef che si lamenta di quanto sia disgustoso il suo piatto senza attribuirsi alcuna colpa o che, ancor meglio, proibisce ai clienti di mangiare ciò che “incolpevolmente” ha reso immangiabile, al tempo stesso esigendo che questi paghino il conto.
Se vietiamo ai giovani di usare certi strumenti solo perché alcuni ne hanno abusato, dovremmo pensare come mai noi non li abbiamo educati a discernere tra l’uso e l’abuso, come mai noi abbiamo fallito nel trasmettere quei valori che vogliamo imporre per legge. Mi piacerebbe anche sapere come noi useremmo quello strumento se avessimo saputo che esisteva, forse lo avremmo usato per fare commenti acidi sulle labbra rifatte della collega culona?
Senza voler difendere chi abusa di uno strumento, mi trovo spesso confuso di fronte ad una società che sempre più vuole deresponsabilizzare i minorenni, salvo poi puntare loro il dito non appena una irrilevante minoranza di essi fa una cavolata. Io per ora sono più propenso a ritenere che le responsabilità di un gesto vadano attribuite a chi lo compie, maggiorenne o minorenne che sia, e che nel caso di un minorenne ci si debba fare un esame di coscienza sul perché non gli abbiamo insegnato che certe cose non si fanno. Penso che questo approccio mi possa far essere un miglior papà, voi che ne dite?
Per lasciarvi, una citazione di un mio zio che di fronte a mio cugino che si lamentava per l’ingiustizia di essere costretto a mangiar la minestra mentre le sorelle maggiori erano esentate, diceva più o meno: “Loro sono troppo grandi e non possiamo più educarle bene, ma tu sei piccolo e abbiamo ancora speranza. Quindi zitto e mangia!”.
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Farei un applauso a scena aperta!
non e` necessario… fammi un like su FB.. no, aspetta… io FB non ce l’ho piu!
la pagina dell’oasi e` su fb… ora, non e` che perche` hai scritto un post sul MIO blog, il mondo gira intorno a te! Ma che tipo…
“guerra dei Roses” in atto? 😀
Ho una figlia dodicenne pronta per entrare nella temuta adolescenza. Condivido il tuo pensiero. Cerco di insegnarle ad utilizzare le nuove tecnologie con responsabilità e timore quanto basta. Il guaio è che loro imparano in fretta, ti superano e fatichi a controllarli. I ragazzi sono incoscienti, così devono essere, spetta a noi creare nella loro testa dei cassettini pronti ad aprirsi quando serve, pieni di consapevolezze utili a difendersi e a non fare sciocchezze.
Franci
“cassettini” e` l’approccio che mi piace. Non importa che tecnologia usi, devi possedere una regola che si applichi ad ogni situazione. Non dobbiamo insegnare ad essere “brave persone su FB” ma semplicemente ad essere “brave persone”, le quali si comporteranno come tali su FB, Tweetter, in discoteca etc… 🙂
E’ propio una bella zuppa, non c’ è che dire, sicuramente noi genitori abbiamo un ruolo chiave nell’ insegnare ai nostri figli il confine tra il lecito e non lecito.
Non è lecito rubare in supermercato a priori e non solamente perchè ultimamente hanno installato le telecamere e possono beccarti.
A noi è successo poche settimane fa, la ragazza x ha preso a male parole una compagna di classe su un social network,dopo indagini e telefonate abbiamo saputo che la ragazza x è sola e trascurata, riempita di oggetti tecnologici da genitori assenti che la considerano già grande, che lavorano tanto ,vanno dal parrucchiere , in palestra e non sanno nulla di facebook, youtube,whatsapp, instagram e diavolerie varie.
Non ne sanno nulla ma li adoperano indirettamente per fare da baby sitter alla loro figlia mentre loro si preoccupano di non avere le rughe sul viso e i capelli in disordine.
Una volta non c’ erano i social e i ragazzi soli rubavano nei supermercati le macchinine, non perchè non ne avessero ma perchè era il loro modo di attirare l’ attenzione su di se!
Forse dovremmo spegnere un po’ i social e ricostruire quella cosa che si chiama famiglia, condividere la giornata con chi ci ama e non con amici virtuali,sederci ad un tavolo tutti insieme e trascorrere la nostra timeline con i nostri figli.
Lascio anche io una citazione, del mio vecchio: ” da un melo non può nascere una pera e comunque il frutto non cade mai lontano dall’ albero” poi ci sono casi eccezionali , ma in genere funziona così!
è sempre più facile trovare un colpevole, dare la colpa a qualcun altro, anche ad un social network. Mentre la fatica di stare dietro ai figli, educarli, sgridarli, aiutarli diventa sempre maggiore. Insomma, essere genitori oggi è uguale a ieri. Solo che oggi si è meno consapevoli di quello che si fa. Che assurdità!
proprio vero renata. Poi ci stupiamo se i giovani non si sanno prendere le loro responsabilita`…